PALAZZO DEI PIO


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Piazza dei Martiri
41012 Carpi (Modena)
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Appartamento nobile

Attraverso lo scalone d’onore, con begli apparati decorativi in pietra realizzati da Bartolomeo Spani in concomitanza con la costruzione del cortile, si accede alla loggia di primo ordine e quindi, attraverso la sala dei Mori, all’appartamento nobile. È questo il percorso rinascimentale di accesso al palazzo, quello che passando per la piazza e il cortile, costituiva un itinerario di avvicinamento al signore attraverso i luoghi di rappresentanza della sua residenza.

La loggia di primo ordine, coi suoi quattro bracci caratterizzati da alte volte, riprende i modelli architettonici romani della gallerie vaticane e di palazzo Chigi, a cui lavorò lo stesso Baldassarre Peruzzi chiamato a Carpi da Alberto Pio. La loggia costituisce il punto focale di snodo dei percorsi di visita del palazzo e nella sua maestosa compostezza risulta una delle più belle e interessanti realizzazioni del Rinascimento a Carpi.
La sala dei Mori è già dal 1470 il salone dove si svolgono le funzioni pubbliche della signoria. Costruita nelle attuali forme e con l’apparato decorativo che la caratterizza, con funzioni di rappresentanza, nei primissimi anni del Cinquecento da Alberto Pio, fu denominata sala dei Mori solo nel Settecento perché utilizzata per la produzione della seta (il moro è il frutto del gelso). Gli affreschi furono realizzati tra aprile e giugno 1506 da Giovanni del Sega, riprendendo i modelli antichizzanti di ascendenza di cui già si è parlato. Le pareti si aprono con funzione scenografica, dilatando l’ambiente verso lo spazio aperto, attraverso una partitura architettonica prospettica formata da una loggia architravata sostenuta da pilastri a candelabra. Sul basamento poggiano statue antiche disposte come in una collezione antiquaria secondo la moda diffusa a Roma e nelle grandi corti rinascimentali in quegli anni. Il fregio superiore è percorso da una decorazione a racemi con medaglioni raffiguranti i ritratti dei Cesari e di Luigi XII di Francia, mentre lo zoccolo inferiore è caratterizzato da una decorazione a finta tarsia marmorea intervallata da medaglioni purtroppo poco leggibili.
Sulla parete meridionale della sala dei Mori si apre la Cappella dei Pio. Ambiente di piccole dimensioni dal decoro tipicamente rinascimentale, è formato da una navatella rettangolare con volta a crociera e da un vano quadrato con cupola che finge da presbiterio. Gli affreschi (abbondantemente restaurati all’inizio del Novecento) coprono tutte le pareti e le volte e riportano episodi della vita di Cristo e di Maria, a cui è dedicato l’ambiente, realizzate entro il 1511 da Bernardino Loschi, con moduli stilistici che si rifanno alla tradizione pittorica tardo quattrocentesca lombarda e padana di ascendenza mantegnesca. Particolarmente interessante, anche per il valore storico, il ritratto del principe Alberto III, dedicatario della cappella, nella zona presbiteriale, insieme al fratello Lionello e due prelati. Nelle lunette della navatella si trovano quattro medaglioni in terracotta invetriata a bassorilievo raffiguranti gli Evangelisti, opera di Andrea della Robbia.
A ovest della sala dei Mori si apre un vasto ambiente, la cosiddetta stanza del Forno, che conserva come le due stanze successive tracce di affreschi nella parte superiore delle pareti, che costituiscono un fregio decorativo analogo per iconografia e motivi stilistici alle decorazioni dell’attigua sala dei Mori, opera di Giovanni del Sega. Di notevole interesse il soffitto ligneo decorato di recente recuperato, databile ai primi anni del Cinquecento, con una struttura a cassettoni dal fondo blu con al centro un elemento floreale dorato. Le travi, di colore rosso con motivi decorativi dorati, si intersecano alle pareti dove, sopra al fregio, sono presenti elementi affrescati a dadi di colore rosso anch’essi.
Passate queste prime tre sale, attraverso un’intercapedine ricavata dall’originario muro esterno della torre del Passerino, si accede alla sala della Dama. La stanza presenta sulle pareti e sulla volta a crociera decorazioni ad affresco di artista emiliano databili al XV secolo, in cui spiccano le figure di una dama a cavallo e di un’altra sotto un baldacchino, interessanti per i riferimenti a temi cortesi diffusi tra Trecento e Quattrocento. Dai documenti antichi risulta che la stanza era la camera cubicularia (cioè la stanza da letto) dell’appartamento nobile e sembra che i due personaggi rappresentati entro mandorla nella volta, una donna con capo velato di bianco e un uomo con tutte le caratteristiche del signore, siano Lionello Pio e Caterina Pico, genitori di Alberto III Pio.
Tornando nella Rocca Nuova, si accede alla sala Ornata o del Principe, che presenta affrescato alle pareti un finto loggiato architettonico con archi a tutto sesto, opera probabile dell’inizio del Cinquecento di Bernardino Loschi. Molto interessante è lo splendido soffitto ligneo intagliato e dorato, con motivi di candelabre, racemi, sirene e putti reggistemma. Al centro del soffitto, integrazione di inizio Cinquecento, c’è una figura allegorica su trono, all’interno di una struttura prospettica con volta.
Allo stesso periodo sono databili una parte delle decorazioni della successiva stanza dei Trionfi. Il ciclo di affreschi della sala, uno degli ambienti più suggestivi dell’appartamento nobile del palazzo, raffigura il tema dei Trionfi, immagini allegoriche di carri in trionfo secondo la tradizione dell’antica Roma rappresentanti l’Amore, la Morte, la Carità, la Fama, l’Eternità e il Tempo. Nella scelta del soggetto è ipotizzabile un riferimento all’omonima opera poetica di Francesco Petrarca, i cui rapporti con Carpi sono tra l’altro documentati da un soggiorno del poeta alla metà del Trecento. Alla seconda metà del Quattrocento sono attribuibili le scene del Trionfo del Tempo, del Trionfo dell’Amore e di un Corteo di cavalieri di dame, assolutamente estraneo all’iconografia classica dei Trionfi, con evidenti riferimenti alla cultura decorativa espressa a Palazzo Schifanoia a Ferrara e a Palazzo Ducale a Mantova. Di qualche decennio successive, sono le scene con il frammentario Trionfo della Morte e il Trionfo della Fama, attribuibili a Bernardino Loschi. Sotto il ciclo pittorico dei Trionfi sono di recente emerse tracce di affreschi di carattere decorativo con motivi vegetali e animali e un grande sole, databili a una fase precedente della storia del palazzo e facenti parte dell’antica decorazione esterna della rocca medievale.
Analogo ciclo pittorico dell’inizio del Cinquecento, purtroppo rimasto solo per brani, ornava anche le pareti della sala dell’Amore, in cui rimangono al momento poche e labili tracce di decorazione. Interessante il soffitto ligneo a cassettoni dipinti con rosette dorate del XVI secolo (ma ampiamente restaurato a fine Ottocento), in cui si ritrovano le imprese di Alberto III Pio.
Altri due piccoli ambienti concludono il percorso dell’appartamento nobile.
Nell’angolo nord ovest è collocato il cosiddetto Studiolo, in realtà un vano di collegamento con l’appartamento inferiore nel quale sono stati recentemente collocate alcune tavolette da soffitto in legno intagliate e dorate del XVI secolo, provenienti da un vano del palazzo di analoga struttura. Molto interessante, sulla parete meridionale, parte dell’antica (trecentesca) decorazione della facciata esterna della rocca, poi inglobata dai rifacimenti quattrocenteschi.
Infine, in un’intercapedine muraria a sud della sala dei Trionfi si apre un piccolissimo ambiente rettangolare che presenta sulla fascia superiore delle pareti un fregio iscritto a lettere capitali dorate su fondo blu, che riporta presumibilmente una invocazione di preghiera o di protezione in lingua latina.
Prima di salire al livello superiore, sullo stesso piano nobile, con accesso diretto dallo scalone d’onore, si apre un vasto spazio che, intorno al 1642, fu sistemato per ospitare il teatro a strutture fisse del palazzo. La nuova costruzione, realizzata su progetto di Gaspare Vigarani, occupò un grande vano dell’altezza di due piani che fu ricavato nell’ala di levante del palazzo, modificando anche la facciata esterna sull’attuale piazzale Re Astolfo, che venne utilizzata per il gioco del pallone. Dopo la costruzione del nuovo teatro comunale nel 1859, la grande sala venne sventrata e di lì a poco diventò sede della palestra della società La Patria, funzione che ha mantenuto fino al 2001.

Ultimo aggiornamento: 31/08/2006